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IL PARCO ARCHEOLOGICO DI GRUMENTUM

Il problema dell'identificazione di Grumentum, il cui nome compare nelle fonti antiche (e in particolare in Livio, secondo il quale, durante la seconda guerra punica, si sarebbero svolte nei pressi della città due battaglie tra Romani e Cartaginesi) venne affrontato precocemente. Dopo alcuni tentativi di localizzazione su base toponomastica (inutili perchè il centro aveva cambiato non solo sito, ma anche nome, divenendo Saponara), nel Seicento si giunse al suo riconoscimento nei ruderi visibili sulla collina posta alla confluenza tra il torrente Sciaura e il fiume Agri. Nei secoli successivi non mancarono tentativi di effettuare scavi nell'area urbana, come - già all'inizio del Settecento - quello dell'arciprete Danio (che formò la prima collezione di antichità grumentine), o come quello del Caputi alla fine dell'Ottocento; nel nostro secolo, intervennero il Lacava, il Di Cicco e il Sestieri, ma è soltanto dal 1964, con la costituzione della Soprintendenza Archeologica della Basilicata, che si può parlare di ricerca sistematica. Dinu Adamesteanu si dedicò in primo luogo alla completa messa in luce e al restauro del teatro; in seguito, campagne di scavo regolari, condotte da L. Giardino, hanno avuto come oggetto di indagine le fasi cronologiche e la topografia dell'abitato, e parte delle necropoli. A partire dal 1981, i lavori (diretti da P. Bottini) si sono incentrati prima sull'anfiteatro e poi - in collaborazione con l'Università di Roma - sull'area del Foro e sui monumenti che la circondano; attualmente, sono in corso gli interventi finalizzati all'attrezzatura a parco archeologico di una parte considerevole della superficie urbana antica.
Le conoscenze attuali su Grumentum si traducono sia nella nuova consistenza conferita dalla ricerca archeologica agli scarni dati desumibili dalle fonti storiche ed epigrafiche, sia in una quantità di notizie originali che soltanto gli scavi potevano restituire, come ad esempio quelle riguardanti l'origine della città. In base ai risultati dei saggi, infatti, pochi dubbi possono sussistere sul fatto che l'occupazione stabile della collina si verifichi già nel III secolo a.C., quando sembra vengano tracciate anche le linee principali dell'impianto urbano, successivamente tradottosi nello schema ortogonale tipicamente romano. La scansione degli spazi abitativi è data da una maglia regolare di isolati , che si dispongono seguendo l'orientamento prevalente della collina tenendo conto anche dei dislivelli tra la terrazza centrale e le due che la fiancheggiano, come del resto il sistema degli assi viari principali. La vita del centro, che in base all'evidenza archeologica sembra essere stata assai fiorente in età repubblicana, conosce una fase di profonda crisi nel I secolo a. C. , quasi certamente in collegamento con la guerra sociale; la ricostruzione inizia già dalla metà dello stesso secolo, ma è soltanto per l'età giulio-claudia che sembra si possa parlare di una "rifondazione", forse coincidente con una deduzione coloniale di cui si ha notizia solo a livello epigrafico. Se l'età imperiale è per Grumentum un nuovo periodo di fioritura, che parrebbe durare sino al IV secolo d.C., in epoca tardo antica si registra un progressivo spopolamento, che prelude al definitivo abbandono del sito nel Medioevo. A fronte dei pur numerosi risultati ottenuti, per avere un'idea dei problemi aperti alla ricerca basterà citare un dato: dei circa 25 ha di superficie occupati dall'insediamento antico, meno di un decimo è stato esplorato sino ad oggi.
L'area archeologica di Grumentum rappresenta un caso unico in Basilicata: a differenza di altri centri di epoca romana, - prima fra tutti Venosa - non ha infatti conosciuto sovrapposizioni moderne, e questo consente di prospettare un futuro in cui l'intero tessuto urbano potrebbe essere restituito alla vista. A quanto leggibile solo in pianta si aggiunga lo stato di conservazione dei principali complessi monumentali antichi (il teatro e la "Casa dei Mosaici", il Foro con i suoi edifici pubblici e le vicine Terme; l'anfiteatro) e della viabilità interna, nonché di alcune costruzioni extraurbane (tombe monumentali, basilica paleocristiana, acquedotto), e si avrà immediatamente la misura della potenziale attrattiva per il turismo culturale. Essa risulta incentivata anche dal contesto ambientale e paesaggistico, mentre il Museo nazionale -volutamente ubicato in adiacenza dell'area archeologica - costituisce l'indispensabile supporto didattico per la conoscenza della città e del suo territorio in epoca romana, così come della realtà preromana che la precede. Il Museo ha anche la funzione di tramite per un contatto continuo fra le istituzioni che fanno capo al Ministero per i Beni Culturali e gli abitanti della Val d'Agri, ed in particolare la popolazione scolastica: l'attività didattica avrà infatti in esso la sede preferenziale di svolgimento, per mostrare "come si fa archeologia" e illustrarne i risultati sia in forma teorica, sia in forma pratica (e diretta) all'interno dell'area di parco e di scavo. Per l'attività di fruizione e di promozione restano in ogni caso basilari la prosecuzione e l'approfondimento della collaborazione con l'Ente Regione e con gli Enti locali.


tratto da "BASILICATA REGIONE Notizie,1996

Autore: Paola Bottini

 

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